Obbligo visita cardiologica anche per chi fa sport non agonistico

Obbligo di visita cardiologica al cuore anche per chi svolge attività fisica non agonistica e amatoriale. E' la richiesta della Società italiana di cardiologia (Sic) che presenta la campagna "battiti per il tuo cuore", servirà a sensibilizzare i ragazzi sui rischi al cuore nelle attività sportive. La visita cardiologica sarebbe utilissima per prevenire eventuali casi di morte improvvisa giovanile, che oggi ha un'incidenza negli under 35 di un caso ogni centomila l'anno. «Nello sport - afferma Gaetano Thiene, consigliere Sic e componente del Comitato scientifico della Fondazione - esiste un rischio di morte improvvisa tre volte superiore rispetto a quello dei giovani sedentari. Si tratta di arresti cardiaci da fibrillazione ventricolare». Non è chiaramente lo sforzo fisico che mette a repentaglio la vita dei giovani, «ma il fatto che il cuore, sottoposto ad un aumento di prestazione, cede improvvisamente per colpa di una malattia silenziosa. Consiglio quindi a tutti, anche a coloro che non praticano sport a livello agonistico, una visita cardiologica con elettrocardiogramma a riposo e da sforzo». In Italia un giovane su 10 fa sport agonistico, «ma per gli altri 9 non c'è difesa - prosegue Thiene - perchè sono molti quelli che fanno attività fisica per hobby, a livello amatoriale o nelle scuole». Nel 1980, per legge, fu inserita la visita cardiologica per lo sport agonistico. Da quella data a oggi c'è stato un calo del 90% dei casi di morte improvvisa. «Sono dati che tutto il mondo ci invidia - conclude Thiene - non vedo perchè questa misura non debba essere estesa anche alle attività sportive non agonistiche».

Gli antivirali per la febbre suina finiscono nei fiumi con l'urina e fanno mutare il virus grazie agli uccelli

Gli uomini assumono gli antivirali per combattere la febbre suina, l'urina espulsa va a finire nei fiumi dove vivono uccelli e anatre, serbatori dei virus dell' influenza, l'organismo dei quali diventa sempre piu' resistente ai farmaci che così non hanno piu' efficacia. E' l'interessante tesi di un gruppo di ricercatori dell' università di Kyoto pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives.
Gli studiosi hanno analizzato numerosi punti lungo due fiumi nei quali defluiscono acque di scarico. Dopo la prima raccolta dei campioni, avvenuta nel dicembre 2008 e quindi durante la scorsa influenza stagionale, il farmaco oseltamivir è risultato presente in pochi nanogrammi per litro; quando l'analisi è stata ripetuta, nel febbraio 2009 (quando a Kyoto c'erano 1.738 casi confermati di influenza), la quantità del farmaco era aumentata a 300 nanogrammi per litro. Le misure non sono state ripetute durante la pandemia, quando le prescrizioni del farmaco antivirale erano dieci volte maggiori. Gli studiosi rilevano che circa l'80% di una dose ingerita del farmaco finisce nelle acque nella sua forma attiva (oseltamivir carbossilato), lo stesso viene assorbito dagli uccelli che quindi sviluppano una resistenza mutando il virus influenzale.